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Intervista a Irene Carducci - Editor e libera professionista -


Intervista a Irene Carducci - Editor e libera professionista - 

Prima di passare all'intervista vera e propria, vorrei fare una piccola premessa, affinché possiate capire le due tipologie di risposte e il perché di tale decisione.

Irene Carducci è una editor professionista e lavora sia in autonomia, che presso le case editrici, quindi mi piacerebbe provare insieme a lei a mettere in luce i diversi aspetti che potrebbero emergere nei due diversi settori.

Speriamo di riuscire nell'impresa e che questo possa essere anche per voi un modo per imparare a entrare nello specifico di questa professione.

Quindi Irene risponderà due volte per dividere i due concetti, anche se non credo ci sia poi molta differenza, ma questa sarà una bella scoperta anche per me e sapete quanto io sia enormemente curiosa. 

Inoltre ci sarà in diretta una correzione di un mio racconto. 
Vediamo un po' cosa ho combinato! 

Ciao Irene, è bello averti ospite per questa intervista, che spero sempre possa mettere in risalto questa professione sotto più punti di vista.

1. Prima di tutto vorrei chiederti: Come sei diventata Editor? Quale titolo di studio hai dovuto conseguire? Oppure esiste un'altra strada?
Funziona alla stessa maniera lavorare per una casa editrice, che in autonomia?

Hai iniziato subito con una domanda tosta! 
L’iter per diventare un editor non è uguale per tutti, qualche Casa Editrice predilige la formazione (e via di laurea, master, corsi) mentre altre preferiscono l’esperienza sul campo. 

Io mi trovo a metà strada: dopo una laurea in Lettere mi sono trovata davanti un bivio e dovevo scegliere cosa fare. 

Sono sempre stata una divoratrice di libri e con l’università ho sviluppato anche una passione per l’analisi linguistica del testo, quindi non solo per ciò che dicevano i miei libri ma anche in che modo. Da qui il passo successivo di entrare in questo mondo, in punta di piedi.

Lavorare in questo settore al giorno d’oggi è molto difficile, non c’è dubbio. 

Ma forse farlo da freelance (quindi in autonomia) ancora di più perché devi trovare i clienti da sola, farti pubblicità, soprattutto devi trovare persone che ripongano la propria fiducia in te, senza nemmeno conoscerti.

2. Con quale intenzione ti sei avvicinata a questa professione e soprattutto perché?
Hai quindi riscontrato differenza nel lavorare come dipendente rispetto alla libera professione?

Ho deciso di avvicinarmi a questa professione perché è un ambito, quello dei libri, che ho sempre amato. Ho iniziato ad appassionarmene da quando ero bambina e da grande ho capito che potevo farne un lavoro, avevo solo bisogno di una spinta. 

Le differenze ci sono e abbracciano diversi ambiti. Ad esempio da dipendente devi attenerti alle norme redazionali di ciascuna Casa Editrice mentre da libero professionista decidi tu quale linea generale adottare; un’altra differenza è sicuramente il contatto con l’autore (fattore che a me piace tanto ma che manca se si lavora per una C.E.).

3. L’editing viene effettuato anche in base alla persona e quindi al proprio stile? 
Questo fattore quanto influisce lavorando per una casa editrice e invece quanto in autonomia?

Non credo che il proprio stile possa o debba influire su un testo in nessun caso; ad esempio io amo i testi horror con suspense, misteri e omicidi irrisolti ma ciò non vuole dire che debba correggere un testo in funzione di questo.

4. Per entrare nello specifico, tu ti occupi di editing di base, oppure di editing profondo?
Puoi spiegarci esattamente la differenza? E con quale criterio e differenza viene effettuata in una casa editrice, oppure in libera professione?

Da editor mi occupo di entrambe le cose. L’editing profondo è più strutturale, più minuzioso e può andare a toccare interi paragrafi o cambiare interi personaggi (previo accordo con autore) se manca la coerenza e la coesione ma anche per valorizzare i punti di forza. 

Nella libera professione è l’autore a decidere in piena autonomia quale servizio vuole per il suo manoscritto.

5. Puoi dare un’idea di quanto possa costare un simile servizio? 

Nessuno ti darà mai una risposta univoca, perché forse non esiste. Innanzitutto il prezzo è da intendersi a cartella (1800 caratteri, spazi inclusi) e da quello che ho “visto” in giro varia da un minimo di 1€ a cartella fino ad arrivare a 5€.

6. So inoltre che tu gestisci una pagina correlata alla tua professione, quindi vuoi illustrarci esattamente i servizi da te proposti? E sono gli stessi che fornisci lavorando per una casa editrice?

In realtà ho da poco avuto il coraggio e il tempo di creare una pagina a riguardo. I servizi che propongo a un autore sono: l’editing, la correzione di bozze ed eventualmente la prefazione della propria opera. 

Di solito sono i medesimi servizi anche per una Casa Editrice, qualcuna però mi chiede di fare un’analisi dell’opera di cui faccio l’editing. Non escludo di poterlo fare anche da libera professionista, qualora mi fosse chiesto.

7. Potresti dare qualche consiglio a tutti gli aspiranti esordienti?
Quali sono gli accorgimenti di base per fare in modo che un manoscritto venga preso in considerazione da una Casa Editrice?

Il consiglio che do è di crederci sempre e non lasciarsi scoraggiare da un iniziale rifiuto. Inoltre ritengo che un manoscritto che si presenta bene (sia dal punto di vista grammaticale che strutturale) a una Casa Editrice abbia una marcia in più rispetto agli altri, ma anche una trama non scontata aiuta. Quindi consiglio di fare un buon editing prima inviare il proprio libro a un editore.

8. Mi chiedo inoltre se sei disposta a illustrare brevemente la differenza tra un testo editato e non? Giusto per capire realmente la differenza che può fare un simile servizio di correzione.

Per me un testo non editato è come presentarsi a un colloquio di lavoro in pigiama o con abiti non consoni.

- QUI INSERISCO UNA PARTE DEL TESTO ORIGINALE - 

All'improvviso una vecchia consapevolezza mi spezza a metà e mi lascia con l'amaro in bocca, gli occhi di tutte queste anime che mi circondano sono spenti e vuoti, esprimono solo sconforto per sogni mai realizzati e mi piacerebbe poter dire loro che la vita non va mai come la si programma, ma smettere di sognare equivale a smettere di vivere e una vita vissuta a metà non è nemmeno degna di essere chiamata tale e che forse non tutto è perduto, basta non smettere mai di crederci, anche se lo devo ammettere, in tempi passati mi sono lasciata inghiottire dal ciclo senza fine che è la vita ed proprio perché ci sono passata che vi dico con fermezza che è un grande errore.

Lavorare per mantenersi e per crearsi un futuro basato su solidi concetti, avere una famiglia e prendersene cura con giusti principi, pensare alla vecchiaia e risparmiare è questo che il sistema insegna sin da bambini e normalmente è un progetto sensato che alla fine mi ha fatto il lavaggio del cervello, è vero, c'è stata un enorme soddisfazione nel potermi mantenere da sola e nel guadagnarmi il pane quotidiano, ma non era quella la vita che desideravo.

- QUI INSERISCO IL TESTO EDITATO - 

All'improvviso una vecchia consapevolezza mi spezza a metà e mi lascia con l’amaro in bocca. Guardo gli occhi di tutte queste anime che mi circondano e sono spenti, vuoti, esprimono solo sconforto per sogni mai realizzati. 

Mi piacerebbe poter dire loro che la vita non va mai come la si programma, ma smettere di sognare equivale a smettere di vivere e una vita vissuta a metà non è nemmeno degna di essere chiamata tale e che forse non tutto è perduto, basta non smettere mai di crederci. 

Nonostante ciò, lo devo ammettere, in tempi passati mi sono lasciata inghiottire dal ciclo senza fine che è la vita ed è proprio questo il motivo che  mi spinge con fermezza a dirvi che è un grande errore. 

La società ci insegna da sempre a lavorare per mantenerci e per crearci un futuro basato su solidi concetti, avere una famiglia e prendersene cura con giusti principi, pensare alla vecchiaia e risparmiare e, sebbene sia un progetto sensato, alla fine mi ha fatto il lavaggio del cervello. 

Anche se ho provato un’enorme soddisfazione nel potermi mantenere da sola e nel guadagnarmi il pane quotidiano, non era quella la vita che desideravo.

9. Molti scrittori sono reticenti a usufruire di un servizio a pagamento per farsi editare il romanzo per poi spedirlo alla Casa Editrice, dove tecnicamente ci dovrebbe essere un editor che fa lo stesso lavoro; cosa hai da dire in proposito? Hai qualche tua considerazione personale?

È vero, e lo capisco. Ma molte Case Editrici oggi sono a pagamento o ti chiedono di comprare centinaia di copie del tuo libro, quindi non è un po’ la stessa cosa che pagare un editor professionista? Inoltre molti editori potrebbero scartare il tuo testo semplicemente perché scritto male, non procedendo nella lettura oltre le prime pagine (e lo dico perché l’ho visto fare). 

Infine l’editor che assumi è lì esclusivamente per te e il suo lavoro non è volto a vendere il tuo libro e ad aumentare i profitti dell’azienda ma al mero miglioramento del tuo testo.

10. Per ultimo, ma non meno importante, puoi darmi una definizione di editing?
Cos'è per te? Cosa significa realmente?

Filosoficamente per me significa entrare in punta di piedi nel mondo creato da un’altra persona e con rispetto cercare di perfezionarlo, di “cucirgli” un abito migliore. 

Fare editing in senso pratico significa correggere la parte grammaticale e strutturale del testo (anche se si crede che il proprio testo sia perfetto così com'è, un occhio esterno è sempre meglio), eliminare i punti deboli del testo o smussarli, sottolineare invece quelli di forza, dare una coerenza e una coesione laddove manca.


Grazie davvero per la disponibilità e per la collaborazione! 

Cosa ne pensate di questa intervista? 

Cosa ne pensate del testo editato?

Fa molta differenza vero? 




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